
Arco di Giano, uno dei monumenti più antichi di Roma
Arco di Giano: oggi se ne sta appartato nei pressi della Chiesa di San Giorgio al Velabro e della Bocca della Verità, in una posizione tranquilla e poco trafficata, ma quando venne innalzato, probabilmente verso la metà del IV secolo d.C. troneggiava ai margini dell’affollatissimo Foro Boario, l’antico mercato del bestiame dell’Urbe dove, come spesso accadeva nell’antica Roma, si mescolavano il sacro e il profano, e i templi si alternavano ai banchi dei venditori.
La dedicazione originaria era al Divo Costantino, nel senso dell’Imperatore che, nel 313 d.C., proclamò la libertà di professare la religione cristiana. Il Giano del nome, non è il dio dal doppio volto da cui deriva il nostro mese di Gennaio, ma è da riferirsi al termine latino ianus, che indicava tanto un passaggio coperto. In realtà, il nostro monumento è un arco trionfale a tutti gli effetti, benché presenti un’insolita pianta quadrangolare: su quattro pilastri in laterizi rivestiti di marmo, piuttosto tozzi nonostante raggiungano l’altezza di 12 metri, si innalza una volta a crociera, coronata originariamente da un alto attico – cioè il piano che si innalza al di sopra del cornicione – andato perduto.
Arco di Giano: le quattro divinità scolpite sulle chiavi di volta
Le tre file di nicchie che decorano tutte le facciate e che oggi appaiono desolatamente vuote, ospitavano 48 statue in grandezza quasi naturale, ma, del notevole apparato decorativo, sopravvivono solo le quattro figure femminili scolpite sulle chiavi di volta, che raffigurano la dea Roma (a est), Giunone (nord), Minerva (ovest) e, forse, Cerere (sud).
Come spesso accade alle vestigia della Roma imperiale, la sopravvivenza dell’arco è dovuta al suo riutilizzo, con diversa funzione, in epoca medievale. E infatti, la nostra massiccia e possente struttura venne sfruttata dalla potente famiglia dei Frangipane, che ne chiuse i fornici e la impiegò per elevarvi una torre fortificata. Caduta in rovina nei tumultuosi anni del Medioevo romano, la struttura fu parzialmente interrata, per tornare alla luce solo nel 1827; fu in questa occasione che venne demolito l’attico – del quale sopravviveva solamente