
Olimpia Maidalchini: la carrozza infernale della terribile Pimpaccia
Quando giunse a Roma dalla placida Viterbo, dove era nata nel 1591, Olimpia Maidalchini poteva contare solamente su un cospicuo patrimonio, lasciatole in eredità dall’anziano marito defunto, e su una sfrenata ambizione. Convolò a seconde nozze con Panfilio Pamphilj, esponente di una delle più famose e potenti casate romane, che morì nel 1539. Olimpia, allora, legò le sue fortune al cognato, Giovanni Battista Pamphilj, che nel 1644 venne eletto papa con il nome di Innocenzo X. Appena insediatosi sul soglio di Pietro, Innocenzo nominò Olimpia principessa di San Martino al Cimino, assegnandole tutte le proprietà che i Pamphilj detenevano nel viterbese. A Roma, cominciarono a circolare le prime voci maligne, secondo le quali sarebbe stata proprio Donna Olimpia a tenere in mano le redini del papato. I romani non la amarono mai e, vita natural durante, la bollarono spregiativamente come la Papessa, o la Pimpaccia: avida, intrigante, arrogante. La sua disgrazia coincise con la morte di Innocenzo X, sopraggiunta la notte del 7 gennaio 1655. Si narra che da allora, ogni notte del 7 gennaio e tutte le notti di luna piena, da palazzo Pamphilj in Piazza Navona esca una carrozza nera guidata dai diavoli e tirata da quattro cavalli imbizzarriti e neri come la pece, diretta verso la Villa Pamphilj sulla Via Aurelia. A bordo ci sarebbe proprio la Pimpaccia, aggrappata a due casse piene di monete d’oro, con gli occhi iniettati di sangue, in preda a una risata lugubre, agghiacciante. Il cocchio passa per i vicoli di Roma, sbattendo le fiancate sui cantoni delle strade e lasciando scintille dappertutto; i diavoli imboccano Ponte Sisto ma, a metà del ponte, la carrozza sobbalza e cade nelle acque del Tevere, inabissandosi rapidamente, inseguita dalla risata di Donna Olimpia. Uomo avvisato…